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Indispensabile in cucina 3

Qual’è la ragione principale per la quale i bambini non mangiano volentieri il pesce, e adorano invece i bastoncini?

Esatto! Avete indovinato! Le lische!

Quanti di voi hanno vissuto, o almeno sentito raccontare da amici e parenti, il famoso trauma infantile della lisca di pesce conficcata nell’ugola?

Eppure la soluzione è così semplice e a portata di mano:

la Fischgrätenpinzette.

Il germanismo in questo caso non è casuale, visto che in italiano non esiste una parola per questo oggetto.

Già che ci siamo potremmo proporne uno tipo ittiopinzetta o estrailische.

Avete suggerimenti in proposito?

Torniamo all’attrezzo in questione, la sua essenzialità e semplicità unite all’efficacia ne fanno uno strumento indispensabile in ogni cucina.

Il suo uso si limita all’estrazione delle lische sporgenti dopo l’operazione della sfilettatura:

Praticamente con un coltello affilato si separano i filetti dalla lisca centrale

Dopodichè, con il ditino passate sul filetto e sentirete sporgere delle lische superstiti

Queste vanno ora estratte con l’apposito attrezzo:

In assenza del quale ci si può eventualmente aiutare con la pinza da elettricista…

…e adesso non ci sono più scuse bambini!!!

Mangiate il pesce!!!!!

Changsha

Con immenso interesse ho seguito una trasmissione televisiva dedicata al ristorante più grande del mondo.

Si trova a Changsha, ovviamente in Cina.

Hanno detto che si chiama West Lake Restaurant, ma probabilmente, se ci volete andare, dovete cercare il suo nome cinese, ovvero Xihu Lou Jiujia.

Come potete evincere da questo stralcio del documentario, il ristorante ha 5.000 coperti, ci lavorano 300 cuochi, e vengono usati 1.000 KG di peperoncino alla settimana!!!

Non riesco a embeddarlo…cliccate qui!

Ma è la specialità della casa che mi ha colpito particolarmente:

il pesce fritto, ma vivo, con salsa hot & sour.

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Ieri ero a passeggio a Colonia e ho visto nelle vetrine questa mitica bottiglietta.

Sicuramente è capitato anche a voi di fare un viaggio in treno o in autobus vicino ad una arzilla ottuagenaria che emanava strane zaffate di difficile interpretazione olfattiva.

La causa era sicuramente questa famosa “acqua di Colonia”, molto in voga negli anni 70, e tuttora versata a litri dalle nonnine di tutto il modo.

Personalmente preferisco un’altra “acqua di Colonia”, reperibile ovunque in città.

Quest’acqua speciale si chiama Kölsch, e state attenti a non chiamarla birra, che a Colonia si incazzano facile…

Viene servita esclusivamente in bicchieri cilindrici da 0,2 l, detti Stangen, e scarrozzata in giro da camerieri logorroici in contenitori di latta da 11 Stangen, detti Kranzen.

Sono 11 Stangen, perchè a Colonia c’è il carnevale più lungo del mondo: inizia l’11 Novembre alle 11 e 11, e dura fino a Febbraio…

Io vado volentieri a bere la Kölsch da Früh (in italiano “presto”), perchè spillano ancora dalle botti di legno:

fruh

perchè i camerieri ti parlano in dialetto di Colonia stretto e non capisco una fava, e perchè hanno anche i tavolini fuori.

Il dialetto del posto è veramente allucinante, e l’unica cosa che ho capito fino ad adesso è che se voglio un panino al formaggio devo ordinare un “Halver Hahn”, che tradotto sarebbe un “mezzo pollo”!!!

Ecco alcuni modi di dire:

Wat nix is, dat is nix.

(ciò che non è niente, non è niente) (ndt: a me piacerebbe di più ciò che non mangia niente non è niente)

Leeven Jott, hät die en Milchjeschäf.

(Buon Dio, che latteria ha quella lì)

Do muss eesch eimol daran rüche, wo ich üvverall hinjepiss han.

(tu devi ancora annusare tutti i posti dove io ho già urinato)

E a proposito di questo detto, devo aggiungere un’altra cosa, molto importante se andate la prima volta a bere Kölsch:

il cameriere logorroico, parlerà con voi di politica, di donne, di uomini, di calcio, ecc., ma non vi chiederà mai cosa volete bere.

Finchè voi sarete nel suo raggio di azione, vi porterà semplicemente una Kölsch dopo l’altra, con un tempismo indescrivibile, e l’unico sistema per interrompere questa catena di eventi è di mettere il sottobicchiere sopra alla Stange. Segno inequivocabile che volete pagare, urinare e andarvene.

Se siete nella malaugurata circostanza di voler ordinare qualcosa al di fuori della Kölsch, dovete prima capire cosa sono le altre bevande sul listino. Queta foto l’ho fatta ieri da Früh, e indico un concorso per indovinare di cosa si tratta:

fruh1

Ricci

La stagione della pesca ai ricci sta per finire!

Da Aprile li lasceremo prolificare tutta un’estate, e gli ignari bagnanti potranno godere dell’ impareggiabile sensazione di benessere che si prova a calpestarne uno.

Mi sovvengono ricordi di quando, giovane ed affamato, scendevo in acqua sempre equipaggiato di coltello e limone, per mangiarli subito, senza dover aspettare di tornare a riva.

Smettete dunque di considerarli degli inopportuni coinquilini degli scogli da voi frequentati, e rimanete fedeli alla linea di pensiero: “se non puoi sconfiggere un nemico, mangialo!”

Vi basterà seguire alcune semplicissime regole pratiche.

Prima di tutto un’importante nozione biologica.

La parte edibile dei ricci di mare è presente solo negli esemplari femminili, trattandosi delle gonadi.

Come prima regola, scegliete dunque solo ricci femmina!

Non avendo ghiandole mammarie, sembrerebbe difficile riconoscerli, ma per fortuna sono di un colore molto più rossiccio dei maschi (che tendono al nero), indi facilmente riconoscibili.

Poi a seconda di quanta fretta avete dovete in qualche modo aprirli.

Se siete ancora in acqua, adagiate il riccio sul palmo della mano e date un colpo molto veloce con il coltello, in modo che il riccio si apra, ma le spine non si conficchino nella vostra mano.

Se siete a terra potete anche aprirli con una forbice in maniera circolare, da sotto, affinchè si presentino poi così.

Ciò che si mangia è, come abbiamo detto, l’apparato riproduttivo femminile, che sarebbero poi le parti arancioni:

Al naturale, o con un po’ di limone, mangiati con un cucchiaino, è come li preferisco io.

Nulla vieta però di raccogliere il tutto da una dozzina di ricci e farne un condimento per gli spaghetti.

A tale scopo consiglio di fare la pasta come se si trattasse di un aglio-olio-peperoncino, e di aggiungere i ricci crudi alla fine con una manciata di prezzemolo.

Royaume du Maroc

Ebbene si! In Marocco si mangia bene!

In una settimana non ho potuto vedere moltissimo, ma a Tafraoute ho mangiato una Tajine eccezionale, di agnello con fichi, datteri, mandorle, ecc…Ecco due foto di Tafraoute:

Poi sono andato a Ouled Berhil, dove ho dormito e mangiato in una antica residenza di un Pascià. Ecco la sala da pranzo:

…e il giardino, pieno di pavoni:

Poi ho preso la strada del Tiz’n Test, un passo a 2200 metri:

Per poi arrivare finalmente a Marrakech!!!

Dove dopo essermi lavato nel bagno del Riad Eden…

Ecco il patio del Riad:

…sono andato a mangiare in piazza Jameel el fna:

Non so se lo sapete, ma a Marrakech è pieno di cicogne:

poi prima di lasciare la città mi sono concesso una “porcata”, un insalata di astice:

…giusto per prepararmi all’ultima tappa: Essaouira.

La spiaggia…non molto frequentata…

Qui il Riad era così:

Il bagno:

Il letto:

Essendoci un sacco di pescatori, si mangia ovviamente pesce:

bei granchi:

…e grasse murene:

…e adesso sono a Zurigo e nevica che dio la manda… mondo bastardo!

Elezioni…provinciali….

Il 26 Ottobre si vota in Trentino Alto Adige, la provincia è pure disposta a sborsare 282 € per farmi tornare al paesello in tale fatidica data. Ma può un Bakunin, sia pure di quarta generazione, scendere a questi compromessi? Naturalmente no! E per mettere più chilometri tra me e le urne ho deciso di meritarmi un giretto gastro-culturale in Marocco.

Alla ricerca della più grande bistecca di cammello, della testa di agnello più profumata:

Della tajine più raffinata:

Dell’incantatore di serpenti più scarso:

Delle lumache più viscide:

Del Riad più confortevole:

Seguirà rapporto.

Shock termico

Dai 37° di domenica, con l’aria gonfia e umida di uno scirocco che sapeva di Sahel, ai 7° di stamattina, ore 7. Ci mancava solo che dovessi grattare via il ghiaccio dai vetri della macchina! Però il cielo è bluissimo pure quì, e non mi lamento più di tanto. Oggi pomeriggio sono previsti 25°.

Questo post è per dare segni di vita, avrei qualche ricettina nuova, ma oggi non ho tempo. Lascio solo una foto e ringrazio Melania e tutti i suoi conterranei per quello che hanno saputo conservare meglio di tanti altri. E non parlo solo di quello che si vede nella foto…

Hérisson rôti

Nella tradizione tsigana, ovvero zingara, pare sia uso mangiare ogni tanto dei ricci. Almeno nella Francia meridionale, dove sono venuto alla conoscenza di quest’usanza.

Spesso i ricci vengono catturati e tenuti in appositi contenitori (secchi, pneumatici, cassette di legno), ed attendono colà la difficile e laboriosa preparazione. Questa tocca al “cacciatore”, cioè chi ha portato il riccio al campo. Prima di tutto, visto che il riccio sta “a palla”, con un bastone vengono “sfregati” gli aculei. Infastidito da ciò, il riccio si aprirà e vorrà andarsene. In questo momento, con lo stesso bastone viene sferzato un colpo mortale sulla testa, in modo che muoia subito e perda molto sangue (che pare rovini la carne). Ora per togliere gli aculei e i peli ci sono due scuole di pensiero. In una il riccio viene teso tra le ginocchia ed una mano, e con un coltello affilato viene rasato. Nell’altra viene gonfiato (o bocca a bocca, o con una pompa da bicicletta), e poi rasato. Quest’ultimi metodo viene osteggiato da chi sostiene che troppa aria peggiora la qualità della carne. Per poi eliminare anche i residui di pelo ed aculei, il riccio viene immerso nell’acqua bollente per un attimo (nel caso che venga poi bollito o cucinato in pentola), oppure pulito alla fiamma (se verrà arrostito alla brace). L’operazione è molto laboriosa e va ripetuta più volte per eliminare anche tutti i parassiti che si sono incastrati sulla pelle del riccio. Quando è veramente pulito si passa a tagliare via le zampe, le orecchie e la coda, e con un taglio sul ventre si estraggono le interiora. Queste vengono spesso arrostite a parte, essendo una prelibatezza.

Se cucinato in pentola, il riccio viene spezzettato e lavato ripetutamente in acqua fredda.

Se arrostito, viene semplicemente usato uno spiedo sulle braci.

Essendo che i ricci hanno diversi strati di grasso a seconda della stagione, in primavera ed estate sono meno buoni, e necessitano di grasso supplementare in fase di cottura (pancetta per esempio).

Asparagi al cartoccio

L’avevo promesso a Melania, ed eccola quà:

Non so se da voi ce ne sono ancora, ma con questo maggio freddo, magari li trovate e costano pure poco.

Comunque questa è la ricetta più semplice del mondo, che produce però i risultati più sorprendenti.

Pelate gli asparagi e tagliatene l’ultimo pezzettino (con le bucce e i pezzettini potete fare una bella zuppetta se avete voglia). Poi li mettete a gruppi di 4-5 in un foglio abbastanza grande di carta stagnola. Sale, zucchero e una noce di burro. Ora la fase più importante: chiudete la carta stagnola a metà, e sigillate i tre lati aperti chiudendoli su se stessi almeno 2 volte. Per essere sicuri che non passi l’aria, appoggiate il sacchetto sul tavolo e battete i bordi con quello che vi pare (il manico del coltello, lo schiacciacarne, il tacco delle scarpe…). Ora mettete i sacchetti nel forno preriscaldato a 160°C per 35-45 minuti (dipende dal diametro degli asparagi). Cuocendo nella loro acqua propria, avranno un gusto incredibile!

Essendo i sacchetti sigillati, durante la cottura si gonfiano, ma non preoccupatevi, non scoppiano!

Nulla vieta di aggiungere altre cose nel sacchetto, tipo erba cipollina o simili, ma io sono dell’avviso che sono fantastici così. L’unica cosa che aggiungo ogni tanto sono due gocce di pastis 51.

Per rimanere fedele al mio stile proporrò anche un abbinamento di carne.

Un bel cobayo fritto:

Per chi non lo riconoscesse subito, trattasi di un porcellino d’india, una prelibatezza nell’America latina.

Maratombra

Per festeggiare la nomina a ministro degli affari esteri del governo ombra di Oscar, potrei andare domani 17 Maggio 2008 a Venessia dove c’è la maratombra. Trattasi di una impegnativa corsa podistica per le calli, che rimpiazza la vecchia ombralonga alla quale partecipai 2 volte negli anni 80. Bisogna ovviamente cercare di percorrere il percorso indicato, facendo tappa nei 24 bacari segnati sopra. Nulla vieta, ovviamente, di aggiungerne altre a piacimento. Ai miei tempi all’arrivo si riceveva una pergamena con l’attestazione che “xe rivà en pie alla fin de l’ombralonga”. Un consiglio: In ogni bacaro almeno un’ombra, ma anche un cicheto, altrimenti le vostre possibilità di successo sono molto esigue. Tra i cicheti più adatti ad una competizione di questo livello segnalo: folpeti, bovoeti, museto, nervetti, peoci, bacalà mantecato, sarde in saor. Se avete culo, magari qualcuno ha anche le moeche.

Regolamento:

1. Per completare l’iscrizione, è necessario stampare il modulo di iscrizione e consegnarlo assieme al pagamento di 12€ presso uno dei seguenti esercizi:

Bar Santo Bevitore – Campo S.Fosca

Bar Altrove – Campo S.Silvestro

OFFicina (Negozio) – Calle del traghetto Ca’Rezzonico 2799

2. Per ricevere il Grembiule e i gadgets iscriversi entro il 10 Maggio 2008.

3. Con L’iscrizione entro i termini avrai diritto a: 1 Grembiule/Traversina

1 T-Shirt (all’arrivo)

1 Bicchiere da Ombra

1 Mappa della Maratombra

4. Tutti i partecipanti avranno diritto a una convenzione sull’ombra da parte di tutti i bàcari selezionati, con prezzo fissato sui 50cent