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Indispensabile in cucina 3

Qual’è la ragione principale per la quale i bambini non mangiano volentieri il pesce, e adorano invece i bastoncini?

Esatto! Avete indovinato! Le lische!

Quanti di voi hanno vissuto, o almeno sentito raccontare da amici e parenti, il famoso trauma infantile della lisca di pesce conficcata nell’ugola?

Eppure la soluzione è così semplice e a portata di mano:

la Fischgrätenpinzette.

Il germanismo in questo caso non è casuale, visto che in italiano non esiste una parola per questo oggetto.

Già che ci siamo potremmo proporne uno tipo ittiopinzetta o estrailische.

Avete suggerimenti in proposito?

Torniamo all’attrezzo in questione, la sua essenzialità e semplicità unite all’efficacia ne fanno uno strumento indispensabile in ogni cucina.

Il suo uso si limita all’estrazione delle lische sporgenti dopo l’operazione della sfilettatura:

Praticamente con un coltello affilato si separano i filetti dalla lisca centrale

Dopodichè, con il ditino passate sul filetto e sentirete sporgere delle lische superstiti

Queste vanno ora estratte con l’apposito attrezzo:

In assenza del quale ci si può eventualmente aiutare con la pinza da elettricista…

…e adesso non ci sono più scuse bambini!!!

Mangiate il pesce!!!!!

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Ieri ero a passeggio a Colonia e ho visto nelle vetrine questa mitica bottiglietta.

Sicuramente è capitato anche a voi di fare un viaggio in treno o in autobus vicino ad una arzilla ottuagenaria che emanava strane zaffate di difficile interpretazione olfattiva.

La causa era sicuramente questa famosa “acqua di Colonia”, molto in voga negli anni 70, e tuttora versata a litri dalle nonnine di tutto il modo.

Personalmente preferisco un’altra “acqua di Colonia”, reperibile ovunque in città.

Quest’acqua speciale si chiama Kölsch, e state attenti a non chiamarla birra, che a Colonia si incazzano facile…

Viene servita esclusivamente in bicchieri cilindrici da 0,2 l, detti Stangen, e scarrozzata in giro da camerieri logorroici in contenitori di latta da 11 Stangen, detti Kranzen.

Sono 11 Stangen, perchè a Colonia c’è il carnevale più lungo del mondo: inizia l’11 Novembre alle 11 e 11, e dura fino a Febbraio…

Io vado volentieri a bere la Kölsch da Früh (in italiano “presto”), perchè spillano ancora dalle botti di legno:

fruh

perchè i camerieri ti parlano in dialetto di Colonia stretto e non capisco una fava, e perchè hanno anche i tavolini fuori.

Il dialetto del posto è veramente allucinante, e l’unica cosa che ho capito fino ad adesso è che se voglio un panino al formaggio devo ordinare un “Halver Hahn”, che tradotto sarebbe un “mezzo pollo”!!!

Ecco alcuni modi di dire:

Wat nix is, dat is nix.

(ciò che non è niente, non è niente) (ndt: a me piacerebbe di più ciò che non mangia niente non è niente)

Leeven Jott, hät die en Milchjeschäf.

(Buon Dio, che latteria ha quella lì)

Do muss eesch eimol daran rüche, wo ich üvverall hinjepiss han.

(tu devi ancora annusare tutti i posti dove io ho già urinato)

E a proposito di questo detto, devo aggiungere un’altra cosa, molto importante se andate la prima volta a bere Kölsch:

il cameriere logorroico, parlerà con voi di politica, di donne, di uomini, di calcio, ecc., ma non vi chiederà mai cosa volete bere.

Finchè voi sarete nel suo raggio di azione, vi porterà semplicemente una Kölsch dopo l’altra, con un tempismo indescrivibile, e l’unico sistema per interrompere questa catena di eventi è di mettere il sottobicchiere sopra alla Stange. Segno inequivocabile che volete pagare, urinare e andarvene.

Se siete nella malaugurata circostanza di voler ordinare qualcosa al di fuori della Kölsch, dovete prima capire cosa sono le altre bevande sul listino. Queta foto l’ho fatta ieri da Früh, e indico un concorso per indovinare di cosa si tratta:

fruh1

Ricci

La stagione della pesca ai ricci sta per finire!

Da Aprile li lasceremo prolificare tutta un’estate, e gli ignari bagnanti potranno godere dell’ impareggiabile sensazione di benessere che si prova a calpestarne uno.

Mi sovvengono ricordi di quando, giovane ed affamato, scendevo in acqua sempre equipaggiato di coltello e limone, per mangiarli subito, senza dover aspettare di tornare a riva.

Smettete dunque di considerarli degli inopportuni coinquilini degli scogli da voi frequentati, e rimanete fedeli alla linea di pensiero: “se non puoi sconfiggere un nemico, mangialo!”

Vi basterà seguire alcune semplicissime regole pratiche.

Prima di tutto un’importante nozione biologica.

La parte edibile dei ricci di mare è presente solo negli esemplari femminili, trattandosi delle gonadi.

Come prima regola, scegliete dunque solo ricci femmina!

Non avendo ghiandole mammarie, sembrerebbe difficile riconoscerli, ma per fortuna sono di un colore molto più rossiccio dei maschi (che tendono al nero), indi facilmente riconoscibili.

Poi a seconda di quanta fretta avete dovete in qualche modo aprirli.

Se siete ancora in acqua, adagiate il riccio sul palmo della mano e date un colpo molto veloce con il coltello, in modo che il riccio si apra, ma le spine non si conficchino nella vostra mano.

Se siete a terra potete anche aprirli con una forbice in maniera circolare, da sotto, affinchè si presentino poi così.

Ciò che si mangia è, come abbiamo detto, l’apparato riproduttivo femminile, che sarebbero poi le parti arancioni:

Al naturale, o con un po’ di limone, mangiati con un cucchiaino, è come li preferisco io.

Nulla vieta però di raccogliere il tutto da una dozzina di ricci e farne un condimento per gli spaghetti.

A tale scopo consiglio di fare la pasta come se si trattasse di un aglio-olio-peperoncino, e di aggiungere i ricci crudi alla fine con una manciata di prezzemolo.

Doping

Questa settimana in Baviera finisce la scuola e posso finalmente iniziare il conto alla rovescia. Oggi siamo a meno 23 giorni. Ormai ho visioni mistiche del mare,  delle spiagge, ma soprattutto del casu marzu e del porcetto. Devo anche assolutamente provare il cannonau “buio buio” che mi ha consigliato Melania.

Nel frattempo però iniziano le Olimpiadi di Pechino, e una notizia mi ha colpito in particolare.

Le autorità cinesi hanno consigliato alle federazioni straniere di portarsi dietro la carne di maiale per gli atleti, in quanto mangiando quella locale ci sono alte probabilità di finire positivi ai controlli antidoping.

Saranno delle Olimpiadi troppo divertenti:

Hérisson rôti

Nella tradizione tsigana, ovvero zingara, pare sia uso mangiare ogni tanto dei ricci. Almeno nella Francia meridionale, dove sono venuto alla conoscenza di quest’usanza.

Spesso i ricci vengono catturati e tenuti in appositi contenitori (secchi, pneumatici, cassette di legno), ed attendono colà la difficile e laboriosa preparazione. Questa tocca al “cacciatore”, cioè chi ha portato il riccio al campo. Prima di tutto, visto che il riccio sta “a palla”, con un bastone vengono “sfregati” gli aculei. Infastidito da ciò, il riccio si aprirà e vorrà andarsene. In questo momento, con lo stesso bastone viene sferzato un colpo mortale sulla testa, in modo che muoia subito e perda molto sangue (che pare rovini la carne). Ora per togliere gli aculei e i peli ci sono due scuole di pensiero. In una il riccio viene teso tra le ginocchia ed una mano, e con un coltello affilato viene rasato. Nell’altra viene gonfiato (o bocca a bocca, o con una pompa da bicicletta), e poi rasato. Quest’ultimi metodo viene osteggiato da chi sostiene che troppa aria peggiora la qualità della carne. Per poi eliminare anche i residui di pelo ed aculei, il riccio viene immerso nell’acqua bollente per un attimo (nel caso che venga poi bollito o cucinato in pentola), oppure pulito alla fiamma (se verrà arrostito alla brace). L’operazione è molto laboriosa e va ripetuta più volte per eliminare anche tutti i parassiti che si sono incastrati sulla pelle del riccio. Quando è veramente pulito si passa a tagliare via le zampe, le orecchie e la coda, e con un taglio sul ventre si estraggono le interiora. Queste vengono spesso arrostite a parte, essendo una prelibatezza.

Se cucinato in pentola, il riccio viene spezzettato e lavato ripetutamente in acqua fredda.

Se arrostito, viene semplicemente usato uno spiedo sulle braci.

Essendo che i ricci hanno diversi strati di grasso a seconda della stagione, in primavera ed estate sono meno buoni, e necessitano di grasso supplementare in fase di cottura (pancetta per esempio).

Fugu

Vi è mai capitato di mangiare un fugu?

Probabilmente no.

Il fugu è una specie di pesce palla, che in Giappone è una sorta di status symbol. Chi si può permettere di mangiare fugu sono solo i ricchissimi. Ma perchè?

Il fugu contiene un sacco di Tetrodotoxina, soprattutto nella pelle, nelle branchie, negli occhi, nel cuore, nella milza, nel fegato, ecc… Questo veleno è circa 30 volte più potente della stricnina. 10 nanogrammi sono già mortali. La preparazione di questo pesce può perciò essere eseguita solo da un Maestro di Fugu.

Per questo il fugu è vietato in Europa, nei ristoranti ovviamente. Nulla vieta però di prepararlo a casa, anche se ogni anno si registrano diverse dozzine di decessi dovuti a fogu non preparati da Maestri.

In esclusiva per voi dunque le istruzioni (se vi può confortare, io non l’ho ancora provato):

Prima di tutto il fugu deve essere ancora vivo, o quasi, poi gli si deve tagliare via la testa.

Ora possiamo togliere la pericolosa pelle cuoiosa, preferibilmente in un colpo solo (vedi filmato).

Per avere adesso i filetti di carne (che sono l’unica parte non mortale) bisogna estrali dal fugu facendo attenzione a non toccare con il coltello le varie interiora, comprese le eventuali uova.

I filetti vengono poi tagliati a “sashimi” e guarniti con carote, rape, salsa di soja, wasabi (rafano colorato di verde) e mirin (vino di riso).

Se invece avete un vicino di casa fastidioso, invitatelo ad una grigliata di pesce, e mettete il fugu così com’è sulla griglia. Un successone!